Siamo onesti: il clown, come degno ricettacolo di paura inconscia, è un topos abusato. Troviamo pagliacci orrorifici in ogni ambito e fogna, dalla politica alla strada, anche senza bisogno di fiction. Tuttavia, l'IT di Muschietti riesce ad essere un film più che godibile nonostante tutto, nonostante il precedente Pennywise (Tim Curry) sia pressoché inarrivabile. Ci riesce grazie, fondamentalmente, a due elementi: la sapienza nel montaggio delle scene spaventose e il cast, che sopperiscono alla mancanza di approfondimento di parti importanti del romanzo, capolavoro assoluto della letteratura del Novecento. Tuttavia, godibile non è abbastanza, no
. L'adesione, non pedissequa, alla scrittura di King è un dovere, non per sterile omaggio, ma perché senza si rischia grosso. Infatti, ed è questo il "ma", il film si traduce (solamente, ahimè) in una versione spaventosa di un altro grande film che parla di formazione adolescenziale, Goonies. Questa versione di IT è in tutto e per tutto un film di avventura per ragazzi stile anni Ottanta, nel quale la psicologia dei personaggi non viene approfondita a dovere e per la paura ci si affida ai Jumpscare, non all'abisso dell'inconscio, molto più efficace. Un film horror non è solo una serie di scene sanguinose e terrificanti, e soprattutto questo, che dovrebbe parlare della personificazione delle paure, uno degli elementi archetipici della psiche umana. Introdurre l'elemento fiabesco, le battute (alcune veramente centrate), le musichette, gli intermezzi giovanilisti, non servono a fare di IT un film horror. L'orrore è un'altra cosa, è uno stato emotivo disturbante, angosciante, che ti segue fino a casa, che può paradossalmente rivelarsi catartico. Invece, il contenuto di questo film, che, ovviamente, aspetta il secondo capitolo, è "addolcito" ed "alleggerito" per accaparrare fettine di quel sordido mercato fatto da adolescenti "smartphonati". Questo è il vero problema. L'IT di King è sicuramente un Bildungsroman, ma non per ragazzi.
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